Commercio dei metalli, le nuove sanzioni alla Russia favoriscono la Cina

Dallo scorso 13 aprile alcuni metalli chiave nel commercio internazionale (alluminio, nichel e rame) sono stati colpiti da sanzioni occidentali nei confronti della Russia. Quelli che verranno prodotti a Mosca infatti non possono essere più consegnati alle borse occidentali. Il risultato immediato di questa mossa – concordata tra Stati Uniti e Gran Bretagna – è stata l’ulteriore fiammata dei prezzi dei metalli non ferrosi.

Crescono i prezzi al commercio

alluminioIl prezzo dell’alluminio si è messo subito a correre al London Metal Exchange, dove all’indomani della sanzione è cresciuto di quasi il 10%, arrivando a superare i 2700 dollari per tonnellata. Si è trattato dell’incremento più feroce ma registrato nella storia del contratto.

Neppure nel 2018, quando gli USA sanzionarono il magnate russo Oleg Deripaska innescando una crescita degli indicatori di volatilità di mercato, si verificò un incremento del genere.

Il ruolo cruciale della Russia

Bisogna ricordare che la Russia è una vera e propria potenza nel commercio dei metalli. Controlla infatti il 5% dell’offerta mondiale di alluminio, ma anche il 4% dell’offerta di rame e il 6% del nichel, gli altri due metalli colpiti dalle sanzioni. Inoltre il 91% dell’alluminio conservato nei magazzini del London Metal Exchange è di provenienza russa.

La posizione della Cina

Oltre ad innescare una nuova corsa dei prezzi, le sanzioni contro i metalli russi avranno un effetto anche sulle rotte del commercio di queste materie prime. In particolare, Pechino diventerà il primo grande acquirente dei metalli made in Russia, analogamente a quanto già accaduto per il petrolio (e potrebbe accadere per il gas naturale).

Allo stesso tempo aumenterà il peso della borsa di Shanghai nelle transazioni internazionali sui metalli, dal momento che la Shanghai futures Exchange è l’unica grande borsa di scambio delle commodity al mondo che accetta nuove spedizioni russe di alluminio, rame e nichel. Inoltre farà felice Pechino, che vorrebbe far diventare lo Yuan una delle valute più scambiate per insidiare il ruolo del dollaro.

Adeguarsi al nuovo contesto

Allo stesso tempo però, dal momento che i mercati russi raggiungeranno quelli occidentali in quantità inferiori, i trader che sono situati nei paesi occidentali dovranno rivolgersi a fornitori nuovi, che probabilmente risulteranno anche più costosi.
Questo alimenterà la corsa del prezzo dei metalli non ferrosi e in generale delle materie prime, che mediamente quest’anno hanno avuto già una crescita del 15%, anche per via delle difficoltà nelle catene di approvvigionamento e delle tensioni sul fronte internazionale.