Start up innovative: opportunità da cogliere per rilanciare l’economia

Ho letto un articolo molto interessante sulle start up, scritto da un docente della SDA Bocconi e direttore del Master in Imprenditorialità e Strategia Aziendale dall’edizione 2015, e mi è venuta venuta voglia di parlare di quest’argomento.

Le start up sembrano godere di un periodo molto positivo in Italia, dopo la loro comparsa in sordina qualche anno fa, in cui molti ancora faticavano a capire di cosa si trattasse. In realtà solo nel 2012 nell’ordinamento giuridico del nostro Paese è stato stilato un vero e proprio “regolamento” – con il Decreto Legge 179 del 18 ottobre – per questa nuova forma di società di capitali, riguardo a requisiti da possedere e normative da rispettare, con molti incentivi di cui usufruire. Ecco, perciò, che il 2013 ha assistito ad un boom di aziende con queste caratteristiche, incubatori ed acceleratori di impresa, considerando anche che le istituzioni finanziarie si sono accorte della loro potenzialità economica favorevole. Il risultato? Oltre 1.600 le start up innovative sorte, con localizzazione principale nel Centro-Nord e specializzazione in ICT. Questo anche sulla scia del grande successo riscosso dalle start up d’Oltreoceano come WhatsApp, Facebook, Google, che in pochi anni sono riuscite a far riflettere su nuove logiche di mercato, ed hanno portato i loro fondatori a possedere patrimoni stimati in miliardi di euro.
A ben guardare, però, il panorama non è così roseo. Secondo i dati dell’AIFI – Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital – in Italia sono stati investiti 80 milioni di euro in capitale di rischio, con un’incidenza dello 0,004% sul PIL. Molto poco, se consideriamo che in altri Paesi europei si investe molto di più: 480 milioni nel Regno Unito o 680 milioni solo in Germania e 0,02% di incidenza sul PIL come media europea – dati EVCA -, tanto per fare un esempio. La realtà mostra dunque una crescita, sì, ma una struttura ancora molto fragile, se si pensa che l’80% di queste nuove imprese presenta un fatturato inferiore ai 100 mila euro. Ovviamente non si può prescindere dal quadro economico di crisi in cui il nostro Paese versa da anni, ma sarebbe opportuno riflettere sulle opportunità offerte dalle start up e sulle policy più urgenti da applicare per farle decollare.

Le start up innovative rappresentano il futuro dell’economia, quella che potremmo battezzare “avanguardia imprenditoriale”, in qualità di rappresentanti di nuovi mercati che sviluppano nuovi tipi di offerta e, di conseguenza, nuovi tipi di consumi. La loro opportuna valorizzazione potrebbe consentire di far risorgere il pilastro dell’economia italiana, le PMI, e di formare migliaia di giovani imprenditori. Questi ultimi contribuirebbero all’uscita da una situazione stagnante, apportando nuova linfa vitale anche alle aziende più vecchie e alle generazioni di imprenditori cinquantenni che oggi, purtroppo, fanno fatica a ricollocarsi. Il comportamento più saggio si concentrerebbe, a questo punto, sull’applicazione di tre punti di policy. Innanzitutto incrementare le risorse che possano incoraggiare la crescita delle imprese: ciò potrebbe avvenire attraverso l’introduzione di un fondo dei fondi per i venture capital oppure sviluppando il mercato delle exit, incoraggiando aziende più grandi ad investire sulle start up innovative. In secondo luogo promuovere la semplificazione burocratica e l’adozione delle tecnologie più moderne per generare, così, nuovi tipi di mercato. Infine, insistere sulla collaborazione tra le piccole e medie imprese più tradizionali e le start up, innescando in tal modo un processo di osmosi in cui le PMI potranno innovarsi e proiettarsi in uno scenario internazionale. Il progresso passa anche da questi piccoli grandi passi.

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