È normale che nei mesi che precedono le elezioni presidenziali statunitensi (che si terranno il 5 novembre di quest’anno) sui mercati finanziari ci siano forti vibrazioni. Il nervosismo crescerà a poco a poco che si avvicinerà il momento di recarsi alle urne, che spesso hanno stravolto i pronostici e rovesciato i programmi e le strategie (basta pensare al ribaltone notturno del duello Trump-Clinton).
I periodi elettorali e le risposte dei mercati
Nonostante il numero di presidenziali statunitensi non sia così elevato da consentire di avere un quadro statistico troppo affidabile, ci sono comunque delle costanti nelle reazioni dei mercati all’esito elettorale.
Guardando infatti ai rendimenti reali delle diverse asset class, si possono fare interessanti osservazioni. Anzitutto la volatilità tende a diminuire dopo le elezioni, ma è molto elevata prima. Nel semestre pre-elettorale generalmente si assesta attorno a 12,4%, per scendere al 10,9% del semestre che segue l’esito.
L’azionario beneficia dei Democratici
Nella maggior parte dei casi, quando le elezioni sono state vinte dai Democratici si è avuta successivamente una performance più solida dei mercati azionari a stelle e strisce. Probabilmente questo deriva dal fatto che i Repubblicani sono considerati più “falchi” (ossia più aggressivi) sotto il profilo fiscale, mentre i Democratici sono un po’ più spendaccioni. Al contrario, i mercati obbligazionari hanno performato generalmente meglio quando la guida è stata Repubblicana.
Altri spunti interessanti si possono cogliere anche osservando l’andamento delle materie prime. Durante le amministrazioni a guida Democratica, generalmente la generosità fiscale di queste ultime ha favorito le materie prime. Strategie che sono basate sul momentum, essendo tipicamente difensive, sono invece più adeguate negli anni di amministrazione Repubblicana. Infatti questo partito si caratterizza per una maggiore avversione al rischio.
L’importanza del tipo di vittoria
Questo discorso tuttavia viene molto attenuato nel momento in cui le vittorie elettorali hanno rispecchiato in maniera abbastanza chiara le aspettative. Una vittoria scontata non comporta stravolgimenti, quindi tende ad attenuare gli effetti successivi.
Le vittorie di misura invece spesso provocano un movimento direzionale più brusco dei mercati, talvolta senza comparsa di segnali di inversione del trend. Ad esempio, le ultime vittorie di misura dei Democratici hanno portato a variazioni degli indici di Borsa tra il 2% e addirittura il 31%.
Il caso dei titoli “value”
Un discorso a parte merita il segmento “value” degli USA. Quest’ultimo infatti tende a registrare una performance molto positiva nei mesi successivi alle elezioni, a prescindere da chi sia vincitore e con quale margine. Probabilmente questo deriva dal fatto che c’è sollievo da parte dei mercati dopo una transizione pacifica del potere, che soffia come il vento nelle vele per i titoli ciclici.