La rivista online di geopolitica “Strumenti Politici” ha pubblicato un’intervista ad Andrea Sceresini, autore insieme a Lorenzo Giroffi del libro “Ucraina, la guerra che non c’è”, uscito nel 2015 ma oggi ristampato da Baldini+Castoldi con aggiornamenti dall’inizio dell’operazione speciale della Federazione Russa. Sceresini è un giornalista che collabora con testate nazionali come Il Foglio, Il Fatto Quotidiano, La Stampa e L’Espresso.
La prima esperienza in Ucraina
Sceresini e Giroffi si recarono in Ucraina una prima volta già nel 2014, dopo gli sconvolgimenti della rivoluzione di Maidan. I due inviati si accorsero del totale disinteresse dei mass media italiani per le tragiche vicende che all’epoca iniziavano ad accadere: si stavano ormai staccando definitivamente i due fronti, quello degli ucraini separatisti del Donbass e quello dei fedeli al governo di Kiev. Per un mese e mezzo visitarono il Donbass, contattando esponenti di entrambi gli schieramenti per provare a capire le ragioni degli uni e degli altri e testimoniare cosa stava accadendo. Ma tornati in Italia, trovarono con grande difficoltà qualcuno disposto a dare voce a questi racconti, a esporre i fatti. Quel disinteresse ha fatto sì che gli italiani si siano accorti della guerra in Donbass solamente dopo 8 anni, quando ormai si era arrivati ai carri armati e ai bombardamenti aerei.
Le origini del conflitto
In Occidente l’opinione pubblica è scarsamente informato e fa fatica a capire da dove è originato ciò che vediamo oggi. Fino al Maidan, in Ucraina si conviveva serenamente perché pochi sentivano la necessità di staccarsi a causa della differenza linguistica. Pochi russofoni del Donbass sostenevano il partito “Repubblica di Donetsk”, che ha partorito i capi delle future Repubbliche separatiste. Ma il destino del Donbass era quello di trovarsi sulla linea di faglia dello scontro fra le potenze mondiali, dunque la contrapposizione è stata fomentata, armata e amplificata fino a che è divenuta cruenta. Armi, finanziamenti e supporto mediatico sono cresciuti sempre di più. Sceresini dice “personalmente ritengo che le guerre nascano sempre da motivi politici, da interessi economici e di espansionismo (…) Poi sopra a questi interessi vengono costruite delle sovrastrutture da “vendere” alla gente”
La propaganda di entrambe le parti
Dire che la propaganda sta da una parte sola non è corretto. In guerra la prima a morire è la verità. Quella che prima era una “narrazione”, oggi è propaganda vera e propria e la si può facilmente riscontrare anche in Italia, è sufficiente accorgersi di quali notizie vengano pubblicate e quali no, e soprattutto con che taglio vengono presentate al pubblico. In Italia la voce autorizzata a parlare è una sola: dunque è difficile informare i cittadini sui fatti, su ciò che avviene indipendentemente da che opinione si abbia sulla situazione. Inoltre, la guerra acuisce i sentimenti che prima erano latenti: oggi chi è nazionalista lo è ancor di più, specialmente se ha avuto danni da uno o dall’altro dei contendenti.