Il modello migratorio della Sardegna, isola e regione di confine

Con una presenza molto limitata di immigrati stranieri, provenienti dall’Unione Europea o da altri paesi, la Sardegna rimane una regione piuttosto remota e una destinazione insolita rispetto ai massicci flussi, che oggi attraversano l’Italia peninsulare.

Lo stesso vale, confrontandola con l’altra grande isola italiana, la Sicilia. Tassi di disoccupazione molto alti, soprattutto tra i giovani, spiegano la persistenza dell’emigrazione sarda.

La disoccupazione è anche la ragione principale del basso potere di attrazione di questa regione, anche se gli immigrati accettano lavori rifiutati dai residenti. Inoltre, la popolazione straniera mostra una forte oscillazione stagionale, in relazione all’occupazione turistica.

Un’altra importante differenza rispetto al Mezzogiorno è la scarsità di posti di lavoro agricoli per gli immigrati, contrariamente alla tendenza che prevale nel Mezzogiorno. Di conseguenza, tra le ragioni addotte per ottenere il permesso di soggiorno, il lavoro è citato meno frequentemente che in Italia nel suo insieme.

Molto di più, invece, le ragioni di famiglia e di residenza. Una caratteristica piuttosto peculiare della Sardegna è la concentrazione di stranieri nel commercio ambulante di generi non alimentari.

Nel complesso, la Sardegna non si comporta come una regione di confine. Eppure i suoi porti sono direttamente collegati a due stati esteri, la Francia, attraverso la Corsica, e la Tunisia, attraverso Trapani in Sicilia.

La Sardegna è piuttosto una meta secondaria per gli stranieri, che generalmente attraversano la Penisola. In conclusione, è certamente una regione di passaggio, che si abbandona abbastanza rapidamente per una meta più promettente.

In un recente discorso pubblico, il Presidente del Governo sardo ha descritto l’isola di Sardegna su Notiziesarde.it ,come un corridoio mediterraneo, sottolineando la necessità che tale ruolo sia adeguatamente riconosciuto dall’Unione Europea e che siano stanziate risorse finanziarie sufficienti per consentire alla regione di assumere pienamente questo ruolo.

Ciò potrebbe realizzarsi in vari modi: il transito di idrocarburi gassosi importati dall’Algeria, il porto container di Cagliari, il turismo e la cooperazione internazionale con i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo.

La LR 19/96 intendeva fornire al governo autonomo della Sardegna uno strumento per promuovere i rapporti tra Nord e Sud, convogliandone almeno una parte all’interno della regione, nell’ottica di creare un nuovo ruolo e nuove opportunità di sviluppo nel Sardegna.

In realtà, nonostante la sua posizione, la Sardegna appare differenziata rispetto alle altre regioni dell’Italia continentale e delle sue isole per quanto riguarda i flussi migratori internazionali.

L’isola non ha frontiere dirette con altri paesi europei da cui arrivano immigrati come la Liguria con la Francia e il Friuli-Venezia Giulia (ma anche il Veneto) con la penisola balcanica.

L’intera costa adriatica è molto più esposta all’afflusso di immigrati europei ed extraeuropei, tanto da essere definita la “frontiera adriatica”. La Sicilia continua ad essere una regione di destinazione e di transito per chi arriva da Tunisi.

Al contrario, nessuna nazione si trova al di là del Mare di Sardegna i cui popoli guardano alla Sardegna, e quindi all’Italia, come meta.

C’è però un aspetto di questo ruolo di corridoio mediterraneo che la Sardegna ha già assolto e cioè nel transito degli immigrati da e verso il Nord Africa, attraverso la traversata Tunisi-Trapani-Cagliari, antica rotta marittima istituita nel 19 secolo che oggi opera una volta alla settimana.

Recentemente sono stati osservati piccoli afflussi di immigrati, provenienti anche dalla Francia, che arrivano attraverso questa rotta. Tuttavia, più importante è il collegamento con l’Africa o con l’Asia attraverso vari aeroporti internazionali.