Bruxelles e il gas, cura dimagrante che depaupera l’Europa

Con una dozzina di pacchetti sanzionatori emanati in due anni l’Unione Europea ha cercato di rinunciare al combustibile proveniente dalla Russia. Questo digiuno ha ragioni puramente politiche, smentite a ripetizione dalla ragioni pratiche ed economiche. Da un lato l’economia europea era già in caduta libera prima del 2022 e il taglio della cooperazione con Mosca ha aggravato queste condizioni; dall’altro i Paesi europei oggi devono rifornirsi di energia da produttori ben più cari e molto più scomodi che non i russi. GNL dagli americani o persino gas russo ma ricomprato da terzi: il prezzo è alto e i termini sfavorevoli.

A quando la prossima crisi energetica?

Il Financial Times di recente ha lodato l’Europa, dimostratasi “molto più resiliente” del previsto alle problematiche post-2022. Certo, si può anche vedere il bicchiere mezzo pieno, ma presto si svuoterà comunque. Se compriamo meno energia forse significa solo che ne abbiamo meno bisogno, e non perché ora fa caldo, ma perché gli impianti sono fermi e le macchine non hanno un posto in cui andare per esempio a consegnare merci o a ritirare materiali. Certo, comunque il Vecchio Continente sta raggiungendo l’obiettivo politico dell’Eurocommissione, quello di raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia. Ma a quale prezzo? Un prezzo alto che stanno pagando i cittadini e i consumatori. E se in qualche modo l’economia ha ricominciato a espandersi, dovrà restringersi in modo veloce e doloroso quando ci si renderà conto di non disporre di sufficiente energia per alimentare tale crescita.

Contraddizioni e paradossi

L’obbiettivo della “transizione energetica” e dell’economia “green” viene ancora propagandato dai media mainstream, peccato che i governi facciano alcune cose totalmente opposte ad esso. In Germania, i Verdi al potere hanno riaperto le inquinantissime centrali a carbone, così come gli USA, per non dire di India e Cina che cercano di sfruttano qualunque fonte possibile. Insomma, in un modo o nell’altro anche i Paesi europei aumenteranno la produzione industriale e gli scambi commerciali e per non fermarsi sul più bello si rivolgeranno di nuovo al gas russo. C’è un altra ragione per questa previsione. Sono le infrastrutture che collegano i giacimenti russi agli impianti europei. Oggi vengono dismesse, ma cosa farne nel prossimo futuro? Distruggerle come col Nord Stream? Lasciare che alcuni operatori approfittino della situazione per speculare ancora sulla richiesta di gas? Ne fanno sempre le spese i poveri consumatori e pure gli imprenditori. Fonte: https://strumentipolitici.it/paradossi-europei-per-non-comprare-il-gas-russo-marciscono-le-infrastrutture-si-spegne-leconomia-e-ci-rimettono-i-consumatori/